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Thursday, November 02, 2006

Sette falsi miti sull'immigrazione

Nel corso di un viaggetto di un paio d'ore, ho ascoltato su RR una conferenzina di Massimo d'Alema (vedi foto).
Overall impression: il ragazzo non è stupido; solo qualche piccolo bachetto ideologico qua e là, qualche quasi impercettibile debolezza logica ..
Fosse un impiegato o un pizzicagnolo, nulla da dire. Peccato invece che nel suo caso, una devianza di solo mezzo grado nelle premesse, dopo cento kilometri di sviluppi produca infine un deraglio vistoso rispetto all'obiettivo (la verità, o la verosimiglianza).
D'Alema insomma è la conferma vivente della tesi di Irving Kristol: ciò che squalifica la sinistra non sono queste o quelle opinoni, o l'intelligenza più o meno elevata dei suoi membri; è il loro stesso appartenere alla sinistra a porli nelle condizioni di travisare la realtà, conducendoli a conclusioni gravemente dannose.
L'obiettivo del post non è però di tornare su questo fatto già a molti noto e scontato.
Ad un certo punto, "stimolato" da domande del parterre (ri-vedi foto), Baffino s'è lanciato nella enunciazione di (quasi) tutti i correnti falsi miti
politically correct sull'immigrazione.
Quegli "assunti" che si danno per scontati ogni volta che si discute dell'argomento; quelli che determinano abomino, accuse di irrazionalità e xenofobia nei confronti chi non sia d'accordo col pensiero debole che le esprime.
E' stato stimolante ascoltarlo; al punto che ho deciso esser arrivato il momento di raggruppare le fregnacce pro-immigration in sette punti, per confutarli uno a uno.

1) Il declino demografico Occidentale è irreversibile
In Paesi come il nostro, il tasso di (de-)crescita della popolazione autoctona è effettivamente preoccupante.
Bene, cosa diavolo ci previene da affrontare QUESTA emergenza con decisione e risorse, invece di crearne delle nuove - vedi problemini di Francia Uk e Olanda con gli immigrati?
Iniziamo allora a generare più bambini! Facciamone un'emergenza privata e nazionale; pretendiamo che lo Stato valorizzi sul serio l'assicurazione sul futuro rappresentata dal Capitale Umano, assieme a chi lo "produce" e alleva, cioè in primis le donne e poi le famiglie (stabili o meno, questo è altro discorso, non mettiamo troppa carne al fuoco).
Chi l'ha detto che i popoli oggettivamente più progrediti, con le donne più emancipate e quindi in teoria le migliori educatrici, non debbano non dico essere i più prolifici in assoluto, ma almeno posizionarsi al tasso medio di sostituzione (2,01 figli per donna in età fertile)?
Perchè tanto ci basterebbe in Occidente; il resto lo fa il crollo della mortalità infantile (non oimè di quella giovanile) e l'aumento della durata media della vita.
C'è forse qualcuno che sostiene che i bambini siano una "cura" meno "bella" da gestire che non gli immigrati?
Ci sono incoraggianti segnali di aumento del numero di figli nelle classi bianche in Usa (in specie nelle conteee conservatrici); lo stesso si ha in Europa, nei Paesi dove la maternità è realmente incentivata e remunerata. Anche il Nord Italia ha recentemente superato il tasso di natalità del Sud a immigrati esclusi.
Dicevo trattarsi anche di una emergenza "privata": alle nuove generazioni converrà far tanti figli, molto di più che alle precedenti. Come nell'Ottocento infatti, comunque vada, non sarà saggio far troppo conto sul welfare state per i futuri anziani ...

2) Il nostro welfare system è a rischio causa decremento demografco
Assodato che il punto (1) andrebbe gestito come emergenza delle emergenze, perchè TUTTO dipende da esso, passiamo a considerare UNO dei suoi effetti, la sostenibilità del nostro modello di welfare.
Al fine di evitare sul nascere ogni discussione sulla correttezza del modello, è invalso il sinistro mantra: "don't worry, le nostre pensioni le pagheranno gli immigrati".
Secondo quelli (i sinistri) del mantra, il modello sarebbe di per sè corretto e sostenibile.
Guardiamo i numeri: dato il declino demografico in corso, secondo dati Onu del 2000, al fine mantenere la stessa percentuale pensionati/lavoratori e quindi sostenere il modello, l'Italia necessiterebbe di non meno di 113 milioni di immigrati nei prossimi cinquanta anni!
Vediamo tutti, guardando Inghilterra Francia Olanda, le catastrofi sociali, i problemi pressocchè insolubili e gli sradicamenti di popoli provocati da molto meno di questo scenario apocalittico.
Anche senza considerare gli impatti sociali, ci sono un paio di impattucci de gnente sul Welfare System portate dall'immigrazione da far tremare i polsi - altro che "le pensioni ce le pagheranno loro": i ricongiungimenti familiari (tanti anziani piccoli e casalinghe non produttivi a carico del sistema sanitario, pensionistico e scolastico), per non parlare delle pensioni di reversibilità a mogli plurime di poligami ...
La prima risposta da dare al rischio cui è sottoposto il nostro welfare system causa declino democrafico è: lasciamo pure che la popolazione del nostro Continente sovrapopolato declini, piuttosto che coprire il problema con emergenze ingestibili ancor più grosse.
Sappiamo poi tutti che le somme necessarie per mantenere le pensioni del futuro a livelli accettabili, possono essere recuperate mediante assicurazioni private, una moderata e selettiva apertura alle immigrazioni "compatibili" e di valore, e soprattutto lavorando di più (recuperi di produttività e attività a più alto valore aggiunto), lavorando di più (meno disoccupati), lavorando di più (allungando la vita lavorativa) .

3) Gli immigrati occupano ruoli che "i nostri" non vogliono più
D'Alema, che non è stupido, afferma che certi settori si troverebbero in crisi senza l'apporto di immigrati: "pensiamo all'agricoltura al sud, o al ruolo delle badanti nella società contemporanea" (cito a memoria ma fedelmente).
Proprio qui ti volevo, caro il mio socialista!
Certa agricoltura Occidentale viene di fatto mantenuta artificialmente in vita mediante sussidi protezionistici e col ripristino di dimenticate pratiche schiaviste di sfruttamento indiscriminato.
Lo stesso dicasi per certe aziende manifatturiere e del terziario arretrato, quelle che un tempo si reggevano grazie alle svalutazioni competitive della lira pre-euro; oggi campano non certo per l'innovazione di prodotto e processo, bensì sfruttando il minor costo della manodopera immigrata.

Bell'affare nei confronti della competitività del nostro sistema-Paese; alla faccia della "solidarietà" e dell'aiuto alle economie dei Paesi in via di sviluppo, della lotta alla povertà nel Mondo.

Caro d'Alema, il "mio" modello capitalista, non socialista-dirigista, dice che quelle aziende e quell'agricoltura DEVONO sparire dall'Occidente e rilocarsi nel Sud del Mondo: la pummarò la faranno lo stesso, ma finalmente con pomodori africani.
Nei servizi, come quelli offerti dalle badanti, l'effetto è ancor peggiore: perchè mai una ragazza italiana dovrebbe sottoporsi ad anni di studi, per poi trovarsi in concorrenza per un lavoro con immigrate letteralmente disposte a tutto, per di più sottopagato, causa distorsione competitiva?
Meglio per loro tentare la strada del cubismo, con possibile sbocco velinaro (anche se anche lì la distorsione competitiva...). Stessa situazione nei servizi domestici, per i fattorini o i "padroncini" camionisti. Non parliamo poi delle imprese di costruzione edile: l'EU non consente all'idraulico polacco di staccar fattura in Francia, ma impone al muratore tunisino di lavorare in nero da noi.
Da questo punto di vista, l'immigrazione favorisce i datori di lavoro meno innovativi, deteriora i livelli di servizio, colpisce le opportunità delle classi sociali più basse e compromette pesantemente le possibilità di sviluppo dei Paesi poveri, dai quali i migranti fuggono per assenza di prospettive.
4) La pressione migratoria non può essere fermata, va "gestita".
Qualcuno spieghi cosa significherebbe questo "gestire", che sa tanto di "buonismo" imbelle e assassino.
Mentre Bush approva (obtorto collo forse ...) la costruzione del "fence" al confine col Messico, a questo Governo è semplicemente bastato far capire che avrà meno ruvidità di quello precedente, per trovarsi sommerso da una media di 2.000 sbarchi di clandestini al mese (e la via del mare è "scelta" solo dal 10%-20% dei migranti; gli altri entrano via frontiere di terra).
E il contribuente paga i costi dei Centri, della Protezione Civile, della Marina, del reimpatrio (han finito i soldi, per cui ce li teniamo...) etc.etc., quando va bene; sennò, paga i conti dell'aumento della criminalità e della povertà indotta. E più "povero" è, più esposto si trova.
Siamo inoltre di fronte a un business, "gestito" (questo si) dalla mala; se non "rendesse", non lo farebbero. La nostra esperienza degli anni precedenti, ci dice che se alzi la sorveglianza e abbassi la tolleranza,
il costo per le mafie e per i Paesi Canaglia come la Libia, supererebbe il livello per loro accettabile e cesserebbero gli invii.
Non si sostiene che il "fence" ai confini o l'aggressività della Guardia Costiera risolverebbero i per sè il problema; è chiaro però che queste misure, accompagnate da una legislazione rigida sui permessi di soggiorno e da un più capillare controllo del territorio da parte delle Forze dell'Ordine, renderebbe la vita impossibile ai clandestini.
Il "buonismo" su questo tema è doppiamente colpevole:
chi non si rende conto che i 2000 al mese che sbarcano a Lampedusa sono solo la punta di un iceberg, fatto di inimmaginabili sofferenze e di innumerevoli cadaveri buttati in mare, o morti tra gli stenti nelle piste del deserto? Paradossalmente ma non troppo, serve stroncare la speranza dei Subsahariani di potercela fare, per salvarne di più.
il tutto andrebbe accompagnato ovviamente da interventi politicie d economici più energici a casa loro: Darfur e Sudan, Zaire, Sahel .... almeno sul breve termine; nel medio lungo, basterebbe applicare il punto (3).
5) Criminalità e immigrazione non sono correlate; lo sono povertà e delinquenza.
Vero. Peccato che il problema sia ancora più spinoso: si dimostra infatti che l'immigrazione induca povertà nelle classi più esposte dei "nativi", e quindi generi delinquenza.
La storia è quella dei neri negli Usa; leggete e rabbrividite anche voi:
"The employment rate of black men in the United States fell precipitously from 89.6 percent in 1960 to 76.1 percent in 2000… The decline in labor market participation among black men was accompanied by a rapid increase in the number of black men in correctional institutions. As recently as 1980, only 0.8 percent of black men … were incarcerated. By 2000, 9.6 percent of black men … were incarcerated" (*)
- Qui una analisi completa . Un maschio nero su dieci è stato in galera almeno una volta!
La causa prevalente a questa criminalizzazione della comunità nera maschile è l'immigrazione ispanica.
"
"Immigration therefore, accounts for about a third of the 17.1 percentage point decline in black employment rates. Similarly, the changes in economic opportunities caused by the 1980-2000 immigrant influx raised the incarceration rate of black high school dropouts by 1.7 percentage points, accounting for almost 10 percent of the 19.5 percentage point increase observed during that period"(*).
La ragione è che gli ispanici "spiazzano" i maschi neri (l'immigrazione è in grande maggioranza fatta di maschi) e li marginalizzano, grazie alla forza della maggior coesione familiare e del "prezzo" più basso.
Fossi un meridionale povero, sarei preoccupato in modo agghiacciante.
6) I tassi di criminalità degli immigrati non sono particolarmente preoccupanti
Circa un terzo dei detenuti italiani risulta immigrato; questo è probabilmente dovuto alla particolare legislazione sui reati di droga, dove l'interesse del Legislatore è incentrato nell'incentivare l'utilizzo (stavo per dire il business) dei Centri di Riabilitazione, usufruibili soprattutto da italiani; e il resto ciccia, stia in galera. Sta di fatto che lo spaccio è oramai saldamente in mano a gruppi criminali di immigrati , ingaggiati da mafie e cartelli locali e non tra la moltitudine dei clandestini irregolari e tira a campà.
Ma c'è di peggio: si dimostra che il tasso di criminalità s'impenna ulteriormente dalla seconda generazione di immigrati in poi.
Uso ancora un esempio americano (hanno più "storia" del fenomeno e ci sono più studi, grazie ai numeri e alla loro mentalità pragmatica); la columnist americana Linda Chavez ha dimostrato che gli ispanici nati negli Usa hanno otto volte più probabilità di commettere crimini che non gli immigrati nati in Sud America.
Per lei, tesa a dimostrare l'innocuità dell'immigrazione, è una buona notizia; a noi invece ricorda molto la storia degli attentati a Londra e delle rivolte nelle banlieues parigine, oltre che quello che ci aspetta a breve, da Torino a Padova passando per Brescia. Stessa storia, non causalmente.
7) Il problema non è l'immigrazione, è la discriminazione e la povertà
Concludiamo la rassegna con la più banale delle affermazioni, prodotta da studentello con (saccente) accento toscano durante la citata conferenzina d'Alemiana da cui siamo partiti.
Senza scomodare il tonfo del modello multiculturale Europeo-Nordico (un solo dato: i matrimoni combinati sono percentualmente più alti tra i pakistani del Londonistan che non nel Pakistan stesso!), la risposta a questo studentello nel punto (3). Cioè sino a quando avremo immigrati-schiavi per sostenere produzioni e attività NON a valore aggiunto, aggressivamente competitive con quelle dei Paesi in via di Sviluppo, di fatto incrementeremo il divario e la loro povertà, creando le condizioni per espellere da quei Paesi le forze più vitali e motivate. Un cane che si morde la coda, una spirale perversa che va finalmente spezzata con decisione.
Persino Baffino comunque non ha resistito, e alla fine è sbottato; sempre citando a memoria: "Ma quando la finiremo di darci tutte le colpe, noi Occidentali?".

In conclusione, l'immigrazione si dimostra:
a) tatticamente utile per i Paesi d'origine: come faceva l'Italia dell'Ottocento, si liberano di giovani irrequieti potenzialmente sovversivi;
b) tatticamente e strategicamente dirompente per i Paesi di destinazione, dove apre problemi enormi senza risolvere quelli cui l'immigrazione apparentemente darebbe soluzione;
c) terribilmente dannosa per le prospettive di sviluppo degli stessi Paesi di origine,
d) devastante per le classi più povere ed emarginate dei Paesi che li accolgono.
Per non dire l'indicibile: l'immigrazione è molto funzionale alle sinistre, perchè distrugge il "nazionalismo" e l'individualismo, e perchè è più facile dominare i miseri e quelli che non capiscono bene la lingua.

In estrema sintesi, la soluzione è letteralmente "a portata di mano": come titolava poco tempo fa l'insigne gemello, "figli, non pugnette".



(*): Immigration and African-American Employment Opportunities: The Response of Wages, Employment, and Incarceration to Labor Supply Shocks; di George J. Borjas - precedentemente presidente del Council of Economic Advisors di G.W.Bush - Jeffrey Grogger, Gordon H. Hanson, Sept. 2006

11 Comments:

Anonymous Anonymous said...

Bravo!!! :-)

2/11/06 6:16 PM  
Blogger Abr said...

Grazie!!!! :-)

2/11/06 6:18 PM  
Anonymous Anonymous said...

Bellissimo post... complimentoni!

2/11/06 6:40 PM  
Anonymous Anonymous said...

Bellissima analisi!!

2/11/06 7:13 PM  
Blogger Abr said...

tnxs mat, tnxs anonimo.

2/11/06 8:39 PM  
Blogger Bisquì said...

Capperi come sei sintetico! :-)
Dai che scherzo, sei bravissimo.

3/11/06 12:17 AM  
Blogger Abr said...

Si me lo dicono tutti ;-)
Tnxs my friend

3/11/06 12:18 AM  
Anonymous Anonymous said...

Davvero!
Da standing ovation!

Il link è di rigore......

3/11/06 8:11 PM  
Blogger Abr said...

Tnxs maedhros!

3/11/06 11:43 PM  
Anonymous Anonymous said...

Dunque Danny, invece di gozzovigliare, dai figli alla Patria!

4/11/06 12:34 AM  
Blogger Abr said...

Ho già dato Brett, mi manca un 0,1% di figlio, per toccare il tasso medio di sostituzione. Ora tocca dunque a te: trovati una brava ragazza, e dacci dentro! :-D

4/11/06 1:07 AM  

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