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Wednesday, May 24, 2006

24 Maggio

Il 24 maggio del 1915 comincia quella che può essere considerata a tutti gli effetti come la prima, grande esperienza collettiva degli italiani, nel senso che tutti, non solo i combattenti, ne furono in qualche modo coinvolti.
Quel giorno, novantuno anni fa, l'ambasciatore Avarna presenta la dichiarazione di guerra italiana all'Impero Austro-Ungarico. Con questo atto, il governo italiano dà seguito agli accordi contratti coi nuovi alleati (l'Italia era sin dai tempi di Crispi formalmente alleata con Austria e Germania) nel Memorandum sottoscritto a Londra il 26 aprile. Tra l'altro il governo, nella sua seduta del 22 maggio, diede disposizioni soltanto per quanto riguarda le ostilità contro l'Austria-Ungheria, omettendo di manifestare alcuna intenzione verso la Turchia e la Germania. La guerra alla prima fu dichiarata il 28 agosto, mentre con la seconda s'attese un anno, agosto 1916.
Usando il linguaggio del tempo, L’Esercito italiano avrebbe condotto una guerra “ininterrotta ed asprissima” “sotto l’alta guida di Sua Maestà il Re” “con fede incrollabile e tenace valore” per quarantun mesi, fino alla vittoria del 4 Novembre 1918.
Fuor di retorica, poco purtroppo rimane nella coscienza collettiva del sacrificio di una generazione, ben altra gente rispetto a noi, con ben altra disciplina e capacità di resistere alla sofferenza e al terrore. E' un peccato, per almeno due motivi.

Il primo è una convinzione che ho già espresso più volte in questo blog: le sofferenze e la solidarietà delle trincee, effettivamente furono la prima grande opportunità di forgiare un tipo realmente "italiano", una identità condivisa, come ci si auto-percepiva per la prima volta, calabresi e lombardi assieme: tutti umili ma tenaci solidali e vincenti, cementati dalla sofferenza. Un popolo intero focalizzato, allora sì, a "resistere resistere resistere", con tenacia e spirito di sacrificio, costruendo
bottom up tra freddo fame reticolati e cannonate una visione di sè, di noi, che ancor oggi non possediamo.

Purtroppo infatti, rimase una occasione mancata. Alla fine della Guerra, il Governo scelse una politica suicida e assurdamente rivendicativa nei confronti degli Alleati e dei 14 punti di Wilson ("Scritti o no, gli accordi di Londra non valgono niente, decido io che ho vinto la guerra!"), battezzata sui giornali del tempo come "la vittoria mutilata" (il "premio" ottenuto era giudicato insufficiente e non in linea con le promesse del Trattato di Londra, soprattutto nei confronti della neo-costituita Jugoslavia).
Questo fece scemare i risultati ottenuti in termini di costruzione di uno spirito italiano: improvvisamente, finita la guerra, non c'era più nulla di cui vantarsi, rimaneva solo devastazione e sofferenza; la vittoria non era servita a nulla, i reduci a loro volta non avevano ottenuto nè terre nè lavoro com'era stato promesso nelle trincee.
Sorgeva il mito della "Grande Proletaria" tradita dai ricchi e decandenti Alleati, iniziava il gioco al massacro incentrato su Caporetto, i comunisti soffiavano sul fuoco per provare ad esportare la rivoluzione sovietica da noi; alla fine, il fascismo emerge come movimento che incanala l'insoddisfazione dei reduci da una parte e la necessità di protezione dei possidenti dall'altra.

Il seppellimento dell'esperienza collettiva della Grande Guerra venne così tristemente compiuto: un monumentale Altare della Patria, e un Milite Ignoto, è tutto ciò che ne rimane. L'Italia perde vent'anni da questo punto di vista (non certo da altri: architettura, bonifiche lavoro etc.), immersa nell'estetica an-estetica del Balilla, dell'Avanguardista e del salto nel cerchio di fuoco, soffocando l'ethos umilmente tenace e vincente tratto dal fango e dal freddo delle trincee, che ne poteva risultare.
Di fatto la mistica fascista, pur implementata per un intero ventennio, venne rapidamente dilavata dalla mentalità degli italiani, come tutte le cose meramente estetiche e imposte dall'alto, al primo grosso temporale nel 1943.
Purtroppo, quel rapido lavaggio della mentalità collettiva non fece riemergere quell'identità da trincea in nuce, assolutamente "rianimabile": i "reduci" erano ancora quasi tutti lì; la Nazione sconfitta, aboliti i simboli unificanti di prima come il Re, richiedeva qualcosa di suo di popolare di diffuso di vincente di vero in cui identificarsi, per sentirsi una ...
L'esigenza viene purtroppo oscurata dall'avvento di un'altra mistica calata dall'alto, l'esaltazione acritica della Resistenza. Fatto storico nè diffuso nè vincente nè tantomeno popolare o quantomeno vero. Fu una scelta molto più odiosa e pericolosa di quella "estetica" fascista, perchè basata sulla divisione degli italiani: tra buoni e cattivi in primis e tra Nord e Centro Sud, estraneo alla Grande Guerra Patriottica, in secundis.

L'effetto è che oggi siamo ancora qui, un Paese (piccolo; non si dice più Patria infatti) privo di coscienza collettiva; Nord Centro e Sud, Comuni e Regioni, divisi come non mai tra Destri e Sinistri (e questo potrebbe anche esser giusto, ma) senza alcun riferimento unitario e indiscutibile comune, tipo .. lo dico? La Patria, quell' ubi consistam che possiede qualsiasi francese, portoghese o polacco, ma noi no.
Ridotti nelle mani di vecchi idioti illiberali cui si è rotta la macchina da scrivere (essendo la Playstation una "diavoleria" per chi abbia fatto lo Scientifico), che vagheggiano l' immutabilità del Sacro Graal della Costituzione, linea del Piave (dato che siamo in argomento) per difendere quell'assurda storicamente falsa e autolesionista mistica resistenziale, costruita artatamente e imposta sulla pelle ( e sulle palle) degli italiani.


Che poco purtroppo rimanga nella coscienza collettiva del sacrificio di una generazione, è un peccato anche dal punto di vista storiografico.
E' una vittima collaterale, la mordacchia allo studio della Prima Guerra: se fate un salto in una qualsiasi libreria ben fornita, scoprirete come la maggioranza (dei pochi) nostri studi sulla Grande Guerra siano incentrati sul trauma nazionale di Caporetto. Patetico: come pubblicare una foto di Greta Garbo ottantenne e tralasciare com'era nel pieno delle forze.
Invece, persino la quasi sempre sciovinistica storiografia anglosassone - la più prolifica a studiare il Suicidio dell'Europa, pensiamo alle opere fondamentali di Liddell-Hart o di Gilbert - riconosce sia pur
obtorto collo e tra le righe, un ruolo fondamentale nella conclusione della Grande Guerra alla battaglia di Vittorio Veneto.
I responsabili alleati del Fronte Francese, il principale, prevedevano infatti che la guerra avrebbe potuto concludersi solo nel 1919 inoltrato o addirittura nel '20, mediante l'"attrito" consentito dal massiccio ingresso in linea delle forze Americane, sino ad allora controbilanciate dalla chiusura del Fronte est, dopo la Rivoluzione d'Ottobre 1917.

Invece e per fortuna di tutti, furono essenziali a livello mondiale la resistenza all'ultima gigantesca "spallata" austro tedesca sul Piave - la battaglia del Solstizio - cui seguì l'ultimo serissimo tentativo di sfondamento sul fronte occidentale dei tedeschi, l'offensiva detta "Friedensturm" - la Seconda Battaglia della Marna nella storiografia franco-britannica - nel luglio del '18.
Inciso: anche lassù, tra Epernay e Reims nella Champagne, reparti italiani si comportarono più che eroicamente in tali circostanze (tra gli altri, nel bosco di Courton, il poeta Ungaretti che scrive "
si sta/come d'autunno/ sugli alberi/ le foglie" e il mio nonno materno, un ragazzo del '99).
Quei due insuccessi segnarono l'esaurimento della capacità offensiva dei tedesco austriaci, in termini di uomini, risorse e animus pugnandi. Potevano solo difendersi dopo, solo vender cara la pelle.
Giusto per capire qual'era il clima che si respirava da parte nemica, l'attacco del Solstizio fu motivato alla truppa austriaca con un "vinciamo, così se magnamo le provviste degli italiani", mentre Friedensturm sta per "tempesta di pace": non ne potevano più, erano alla canna del gas poveretti, in termini di rifornimenti stavano molto peggio di noi, soprattutto gli austro-ungheresi; anche a casa loro, i civili erano alla fame.

La fine per gli Imperi Centrali non fu decretata dai pur importanti successivi progressi alleati sul fronte francese della tarda estate, ma dallo sfondamento
italiano sul Piave, ancorchè attuato in ritardo, nella stagione sbagliata (pioveva a dirotto) e dietro le insistenze degli Alleati (Diaz come sempre era molto prudentemente attendista), assieme al pressocchè contemporaneo crollo del fronte serbo-bulgaro (dove operavano anche forze italiane).
L'attacco dei primi di novembre sciolse come neve al sole l'esercito nemico: le forze austriache bene armate furono schiacciate a Vittorio Veneto, i reparti magiari e croati si ammutinarono e si diressero a casa.
Data l'enorme breccia sul fianco sud, nulla avrebbe più impedito agli eserciti alleati di arrivare a Vienna e poi successivamente in Germania. Anche il Kaiser fu allora costretto a rifugiarsi in Olanda e (far) chiedere la pace.

Diciamocele queste cose, anche alla faccia della a volte tronfiamente patriottarda storiografia anglosassone (a leggere qualcuno di loro, sembra che a Vittorio Veneto ci fossero solo inglesi e qualche
sherpa italiano; nella realtà, erano schierate 51 divisioni italiane, 3 inglesi 2 francesi una ceca e un reggimento americano). Diciamocele queste cose, noi che ci siamo auto-inflitti più analisi su Caporetto che non lodi per il Piave e per aver accorciato all'Europa la Grande Guerra di quattro-sei mesi.

Altro si potrebbe dire su quel 24 maggio di novantuno anni fa; ad esempio, che qualcuno dei nostri si comportò in modo rapido e "sveglio" e conquistò posizioni strategiche importanti nei primi due giorni (Monte Baldo, l'Altissimo, Cortina d'Ampezzo e Grado). Altri invece meno: il primo attacco all'Isonzo avvenne dopo un mese, il 23 giugno, e si risolse con alte perdite e poco di fatto, antifona che sarebbe divenuta tristemente familiare. Entro ottobre e dopo quattro battaglie sull'Isonzo, l'Italia lamentava UN QUARTO dei mobilitati fuori combattimento, tra morti e feriti.
Bilancio finale per l'Italia: 680.000 morti, e 157 miliardi di lire di costi (il Pil annuo era di circa 95 miliardi). Fermiamoci qui, è sufficiente e già siamo andati lunghi nel ripensare agli effetti (mancati) del 24 maggio di novantuno anni fa.

15 Comments:

Anonymous Anonymous said...

Complimenti, gran bel post.
Pensavo di essere il solo a ricordarmi del 24 maggio.
Invece, mai dire mai...
Ma io molto, ma molto, ma molto più modestamente l'ho dedicato alla "Leggenda del Piave" (la canzone).
Hai fatto bene a citare lo spirito di sacrificio dei nostri nonni ed in particolare di quei "ragazzi del '99".
A guardarsi intorno oggi e tentare di fare dei paragoni è arduo. Quei "ragazzi" sembrano alieni.
Meglio non pensarci, meglio.
Ciao...

24/5/06 4:04 PM  
Blogger harry said...

Complimenti, un post meraviglioso. Una bella pagina di storia nascosta, colpevolmente nascosta. Che dire... ogni ulteriore commento finirebbe per sminuire il post. Ciao!

24/5/06 5:14 PM  
Blogger Otimaster said...

Sono abituato ai tui bei post, ma con questo ti sei superato, ti confesso che a un certo punto l'ho ripreso da capo tanto mi è piaciuto e per un attimo mi è balenato anche il pensiero "ma l'avrà scritto lui?" : )).
Un saluto e ti sia di sollievo sapere che qualcuno che chiama l'Italia Patria e non paese c'è ancora.

24/5/06 5:40 PM  
Anonymous Anonymous said...

Patria! Allora gli Italiani combattevano per la Patria e per la libertà di altri Italiani. Oggi ci sono italiani che odiano altri ITALIANI. Questo è quello che hanno in comune i due periodi post bellici. Gli italiani che odiano sono sempre gli stessi, quelli di una sola parte politica. Quelli che non hanno abbandonato l'idea di una nazione marxista asservita ad una ideologia che ha causato solo guasti.

24/5/06 6:10 PM  
Blogger Abr said...

Tnxs giano, bello anche il tuo.

Tnxs harry, passo da te.

Master, no, è farina del mio sacco, quello "serio". Dubiti? :-S

Bisquì, sostengo infatti che questa blindness di molti sinistri è dovuta all'assenza di una coscienza collettiva "italiana", possibile sfruttando il bagaglio di sofferenze comuni e vincenti della Grande Guerra, ma rimossa a causa della barzelletta resistenziale, cui nessuno veramente crede, "loro" in primis. Mi facciano il nome di una battaglia vinta, di un eroe in cui riconoscersi se son capaci (i fratelli Cervi? Pertini? Mavah! L'nico vero eroe, Edgardo Sogno, come dire, non faceva per loro).

Non per caso, in Italia ci sono più sinistri che in qualsiasi paese occidentale. il terreno è più fertile, manca una "Patria" da difendere costri quello che costi, nell'immaginario collettivo. E meno c'è, più piccoli comunisticrecono. E' un cane che si morde la coda.

24/5/06 7:00 PM  
Blogger Abr said...

Ah dimenticavo.. Grazie Master!!! :-))

24/5/06 7:03 PM  
Anonymous Anonymous said...

Penso alle medaglie che si è beccato mio nonno, rimasto a galla nel Piave dopo la rotta. E ripenso a Guareschi, al racconto in cui Peppone nasconde sotto il mantello le medaglie che anche lui si è guadagnato a combattere sulle montagne e ai brividi di don Camillo quando ricorda i giorni passati nella terra di nessuno a curare i moribondi sotto il tiro delle pallottole degli austriaci.

24/5/06 7:25 PM  
Blogger Abr said...

ehh Brett, ce ne sarebbero di cose che noi umani ....
Penso al mio nonno materno, che si trovò dinnanzi alla più grande concentrazione di cannoni della storia, ma lui non lo sapeva ... aveva 18 anni, forse credeva che fosse tutto normale, che la guerra fosse così. Invece era la Friedensturm. Tonnellate di terra che si sollevano dinanzi a te a cento metri, poi a cinquanta, poi a venti poi non vedi più niente ... si risvegliò nella cattedrale di Reims trasformata in posto di prima cura, chissà chi era l'eroe ce ce l'aveva portato.
Massì raccontiamole 'ste cose, creiamo um minimo di memoria, onoriamo gli eroi. Alla faccia di chi ci vuole "redistribuiti".

24/5/06 7:49 PM  
Anonymous Anonymous said...

Che bel post.
Complimenti.

24/5/06 10:41 PM  
Anonymous Anonymous said...

Massì Danny, facciamo gli orgogliosi, ogni tanto ce lo meritiamo. Noi dele vulgate ne facciamo a meno.

24/5/06 11:36 PM  
Anonymous Anonymous said...

ps: abr... magari ti interessa... alla faccia di chi "le democrazie non si fanno la guerra", l'italia si schierò contro i suoi fino ad allora alleati (triplice alleanza, 1878, se non ricordo male) solo per mero calcolo...

in memoria dei discorsi sulla quesitone "debating democratic peace"...

ciao

25/5/06 1:28 AM  
Anonymous Anonymous said...

Anche io voglio farti i miei complimenti per questo post. Per aver ricordato quella guerra e i suoi eroi.
Nelle memorie di mio padre ( é molto anziano...) c'é scritto quando, da bambino a Bologna, suo padre lo mandò di corsa a prendere il giornale che lo strillone annunciava sulla strada. Lui fece di corsa le scale e portò il giornale a suo padre e l'atmosfera in casa divenne cupa e triste e preoccupata. Abbiamo anche foto di parenti fotografati i divisa, con la famiglia, alla vigilia della partenza per quella guerra.
Mio padre era furibondo quando vide il film sulla Grande Guerra con Sordi e Gassman.Con i due vigliacconi che si redimono solo alla fine...Disonoravano, con spirito volgare, il sacrificio di tanti nostri soldati e ufficiali.
Bravo Abr! :-)

25/5/06 4:43 AM  
Blogger Carletto Darwin said...

Permettimi di dissentire con la tesi che le sofferenze e la solidarietà delle trincee, effettivamente furono la prima grande opportunità di forgiare un tipo realmente "italiano".
Anzitutto ci sono nazioni con sentimenti patriottici decisamente più elevati dei nostri, ma non forgiati dalle trincee, bensì dagli ideali.
La tua poi è un idea un po' assurda, che vede la guerra come mezzo per formare le nazioni e i loro sentimenti.
Il sentimento di appartenenza, e lo stiamo vedendo in questi anni in cui passiamo dal sentimento italiano a quello europeo, si forma dall'unione delle culture e dalla possibilità di interconnettersi.
Alla tua tesi che l'Italia è stata "forgiata" dalle trincee ti contrappongo la realtà di un Italia "forgiata" dai mezzi di comunicazione di massa radio e TV. E di un Europa e un mondo che oggi si unificano col Web.
Le guerre, e la 1 e la 2 guerra mondiale purtroppo lo sono state, sono figlie di un'idea differenziale delle culture: gli italiani contro gli alleati, i tedeschi contro tutti, gli austro-ungarici contro gli italiani.
Ecco, se hai la possibilità di vivere e lavorare all'estero, in realtà ti accorgi che ci sono esseri umani, con i loro aspetti positivi e negativi, con le loro culture.
Per cui sì al federalismo, che valorizza le culture, ma no a questo concetto di patria che porta solo alla guerra.
Cortesemente non fraintendere il mio discorso con un pacifismo piatto: le guerre di liberazione, quella degli alleati, quella contro Saddam o contro la Serbia, hanno un senso. Ma quelle di aggressione che "forgiano" non hanno alcun senso giuridico e morale.
Per questo della 1. non rimane molta traccia patriottica in Italia. Per questo in Germania non c'è traccia della 2. E per questo negli USA e nell'ex-USSR c'è traccia della 2.
PS: mi sa che per il vittoriano ti confondi. Il concorso fu indetto prima della prima guerra mondiale. Ma forse ho capito male quello che vuoi dire.

25/5/06 8:54 AM  
Blogger Abr said...

Tnxs Lucap!

Brett, no political correctness è la nostra stella polare.

m+, mi interessa certo, seguo sempre e appoggio la vostra battaglia sul realismo in politica estera. Anche qui (e lo dico a inizio post) eravamo alleati con la Triplice (il terzo della tripletta eravamo noi) sin dai tempi di Crispi, late '800.
Abbiamo "trattato", corettamente prima siamm oandati dall'Austria, era disposta a darci solo Trento. Gli alleati (trattato di Londra 26 aprile 1915) ci promettevano: Trento, Bolzano, Trieste, Gorizia, Zara, parte della Dalmazia (okkio: senza Fiume!), protettorato su Albania, Dodecanneso e Antalya in Turchia (da cui la dichiarazine di guera del 28 agosto alla Turchia, un anno prima di quella alla Germania, per dire: c'è sempre un motivo nelle cose).
Anche il più scemo di noi non avrebbe avuto dubbi ... peccato che poi piombò un idealista, tal Wilson, a romperci parzialmente le uova nel paniere.

Tnxs Lontana. La storia di Caporetto insegna, siamo sempre pronti ad auto-fustigarci e a mostrare il nostro lato peggiore, cosa che gli anglosassoni che ben conosci non fanno MAI. Anche quando vogliono condannare i loro comportamenti più biechi, trovano sempore il modo di dare responsabilità individuali, metendosi dala parte della Patria. Grande lezione.

25/5/06 12:35 PM  
Blogger Abr said...

E veniamo a carletto darwin. Innanzitutto ti ringrazio per la civile e puntuale esposizione del tuo punto di vista.

Ribadisco la mia tesi, e lo faccio commentando la tua confutazione.

Le "nazioni con sentimenti patriottici decisamente più elevati dei nostri, ma non forgiati dalle trincee, bensì dagli ideali", quali sarebbero?
Parliamo della più patriottica di tutte, gli Usa? GUERRA per l'indipendenza, ma soprattutto DUE eventi bellici che la forgiano così come la conosciamo: GUERRA CIVILE 1860-65 e GUERRE INDIANE.
La Russia (l'altro stato altamente patriottico)? Non perdiamo tempo a illustrarne l'indipendenza dall'Orda d'Ora (Ivan il terribile) o la rifondazione post napoleonica.Fatti che costruiscono la mentalità popolare, ancor oggi narrati e raccontati. Pe rnon parlare della "Grande Guerra Patriottica" conroi tedeschi(=seconda guerra mondiale).
Uk? Caso interessante. Qui da noi si tende a sottovalutare l'impatto di Cromwell, delle due rose, degli Stuart e di tutti i conflitti che generarono, nella formazione della mentalità patriottica inglese.
Per non parlare deel guerre dei Cento Anni in terra di Francia, delle lotte scozzesi e dello "stato di assedio" permanente dall'epoca del ReSole (e Napoleone) in poi.

In definitiva, trovo la tua idea un po' ingenua, pensare che le Nazioni (non gli Stati, come confini geografici) si formno come comun sentire con altro se non "le prove", quelle toste e dure. Esattamente come gli individui del resto.

"Il sentimento di appartenenza, e lo stiamo vedendo in questi anni in cui passiamo dal sentimento italiano a quello europeo, si forma dall'unione delle culture e dalla possibilità di interconnettersi".
Lo stiamo proprio vedendo bene! Il caso europeo lapalissiano: a parole tutto bello non vedo l'ora, poi non appena c'è da sacrificare qualcosa, tutti a fare marcia indietro. Come mai l'Europa non esiste nei cuori di NESSUNO, ma solo nei portafogli, fin che fa comodo? Te lo sei mai chiesto?

Sui mezzi di comunicazione di massa: in un mio post precedente dedicato alla differenza tra Stato e Nazione, http://neoquidnimis.blogspot.com/2006/05/la-sottile-linea-rossa_04.html
scrivevo *quasi( esattamente quello che dici tu riguardo ai mezzi di comunicazione di massa (sorry per l'autocitazione):
"... l'italiano medio-basso è regredito alla sua dimensione comunale, qualche volta regionale, raramente nazionale. Eppure, il tifo, la bandiera, i caduti di Nassirja ... c'è qualcosa che ci ha ri-unificato in un qualche senso profondo ... la risposta è sconvolgentemente banale: si chiama ... Mike Bongiorno. Non stiamo scherzando. La televisione ha avuto un ruolo fondamentale nell'unificare prima di tutto il linguaggio degli italiani ...; la lingua è lògos, pensiero: poi arrivano sempre attraverso la Tv, la visione della vita e i miti comuni ... Guarda caso, lo stesso ruolo primario che la Tv ha esercitato poi nell'attirare qui le folle dei migranti albanesi e maghrebini.
Si capisce però che una Nazione non si "amalgama" proprio bene, se è fondata su Lascia o Raddoppia o su Indietro Tutta. Ecco che la vera Nazione degli italiani in cerca di identità comunitaria diviene/rimane il Comune, la Banda per tramite dalla squadra di calcio, il Partito".

In sintesi: è mancata una "forgia". O meglio, la mia tesi è che la forgia (la Grande Guerra) ce la siamo fumata per i motivi che ho esposto.
Attenzione: non sostengo che "la guerra ci vuole".
Dico che, esattamente come nel caso dell'individuo, sono le difficoltà e le sfide quelle che temprano i popoli e ne tirano fuori le caratteristiche "vere".

Il web? Il dialogo la comunicazione? Son buoni tutti, caro Carletto, a voler bene al Brasile da turisti. Prova invece ad andare a vivere nell'interno, a esser divorato dai LORO insetti, a sfidare le bande della morte di certi quartieri di S.Paolo. Voglio dire che fin che si ride e si scherza e si studia va sempre tutto bene, le cose cambiano quando io voglio a tutti i costi qualcosa che tu credi sia tua. Scusa, ma abiti in un condominio o in villa? Mai litigato coi vicini? Bene, tutto come tra Stati.

L'idea differenziale delle culture: CERTO! La chiamiamo con un nome più politically correct, e vedrai che ci ritroviamo: DICESI DIVERSITY.

La cosa buffa è che alcuni (non certo tu) da un verso amano la commistione, il melting pot, il web, e tutti a fa' i turisti a Porto Alegre, poi si scagliano contro i guasti della globalizzazione ...

Identità, anche da un punto di vista sementico, vuol dire dare una risposta all'eterna domanda: COME MI DIFFERENZIO?
Perchè dovrei mai mettermi una mano sul cuore quando sento il mio inno? Perchè dovrei mai esser pronto a DARE AL VITA per la mia Patria?

Perchè, o ragazzi vissuti e cresciuti nella bambagia (non sto dicendo a te specificamente), è di questo che stiamo parlando!
Nell'era degli eserciti iper professionali può suonare anacronistico, ma i sacrifici dei "collateral damages" in un'era di guerre asimmetriche come queste, ci sono e ci stanno eccome!
Senza patriottismo, una nazione si sfalda. Si veda il comportamento affatto diverso post attentati tra Usa-Uk e Spagna: nella seconda, s'è cercato il CAPRO ESPIATORIO interno, invece che cercare e massacrare i VERI autori delle stragi. Una coscienza collettiva forgiata, agisce come i primi, un non, come la seconda. Cio[, me la prendo col vicino dappartamento.

Mi spiace, ma non si conosce modo di differenziasi se non attraverso le ... differenze.
E non è, come dici tu, "italiani CONTRO tedeschi", ma è valorizzare la MIA diversity (suona meglio?) non "regalarla" in cambio di nulla, ottenendo l'effetto (vedi Italia oggi) che il peggior nemico sia il mio vicino di casa, o di Torre (come nel medioevo).
Di fatto è umano che sia così, ecco perchè ci servirebbe qualcosa (spirito nazionale? Mistica? Patriottismo? Coscienza collettiva la chiamo io) che serve per tenere questi conflitti nel loro giusto ambito.

Per concludere, chi scrive qui non solo ha vissuto all-estero per lungo tempo, ma s'è talmente tanto confrontato e compenetrato con culture non italiane e (anche) non europee, da dar forse troppo per scontati certi ragionamenti che in Italia fanno solo che sbarrare gli occhi divertiti.
Ad esempio, che i diritti implicano doveri; che la cosa di tutti NON E' cosa di nessuno, ma è in primis MIA, e che quindi la devo manu-tenere; o che la terra e l'acqua che calpesto, l'aria che respiro SONO ME. etc.etc.

Gradisco molto la tua adesione vera al federalismo, anche se a mio avviso ne hai una visione un po' politically correct, alla Spinelli, come mezzo per limitare i conflitti, ma quello che conta e arrivarci.

Non basta abolire il concetto di "Patria" per abolire i conflitti, come questi tempi che stiamo vivendo dimostrano ampiamente: il terrore ti attacca quando sei debole (o distratto).
Come diceva Churchill ai suoi contemporanei post Monaco: "avete svenduto l'onore per avere la pace, avrete la guerra e il disonore".

Cortesemente anche tu non fraintendere il mio discorso con un guerrafondaismo d'altri tempi (il "bagno di sangue rigeneratore"): le guerre, tutte, anche quelle di liberazione, non hanno mai senso, sono peggio che disumane.
Se avessi dubbi su come la vedo, leggi il mio commento qui sopra in cui tento di descrivere come può averla vissuta mio nonno diciottenne.
Dato che però accadono, come le cose brutte della vita che non ti vai certo a cercare per "forgiarti", che almeno servno a qualcosa.

Per concludere veramente, continuo a ritenere che il post spieghi perchè non rimanga traccia qui da noi della 1 guerra, e del perchè questo sia un peccato; in Germania è ovvio che la 2' guerrra (oltre che la 1') sia stata rimossa: è una sconfitta micidiale, con in più l'aggravante della disumanità elevata a sistema di potere; ma se la sono sistemata la coscienza. Con una opera di rimozione il Mondo ha deciso che era tutta colpa di un tizio, tal Hitler, e così vissero tutti felici e contenti;
negli Usa e nell'ex Urss non ci sarebbe traccia della 2'???!!!
I presidenti Usa visitano ancor oggi a sessanta anni le spiagge della Normandia; la mistica della "Grande Guerra Patriottica" ancora permea le sfilate militari in Piazza Rossa.

Ps.: so bene che il Vittoriano era in origine semplicemente un monumento al "Padre della Patria"; Vittorio Emanuele II. Intendevo che quello che resta OGGI della 1' Guerra è poco più che quel monumento, che guarda caso fu ribattezzato in nome della Vittoria della 1 guerra ed e popolarmente noto come Altare della Patria. Anche per togliere ai Savoia ogni possibilità di esaltazione, prima perchè faceva ombra al Duce, poi ... perchè sappiamo.
Grazie per gli spunti e le critiche costruttive.

25/5/06 4:07 PM  

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